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Le immagini, cioè gli ideogrammi, dello Zhou Yi

Quando si consulta lo Yijing Il Classico della Versatilità, attraverso uno dei molteplici metodi ampiamente descritti nelle precedenti traduzioni, a cui rimandiamo, (vale anche aprirlo a caso), si crea una connessione energetica tra il testo e colui che lo legge1. Questa connessione si manifesta su un piano energetico nel pieno senso di questo termine. Ogni livello di coscienza, ogni stato della personalità, è coinvolto. Ciò che può mutare, ovviamente, è la consapevolezza, l’ampiezza della visione panoramica, che dipende dall’individuo e dalla chiarezza2 che la sua condizione può esprimere. Per questo, tradizionalmente, può essere opportuno farsi guidare da qualcuno che riconosciamo come esperto. Come in ogni via, la figura di un maestro è necessaria, così come è necessario, a un certo punto, superarla.

Ma cosa significa consultare lo Yijing?

Il nostro testo appartiene senz’altro alla diffusa tradizione dei testi oracolari. Giorgio Colli nel suo La nascita della filosofia, fa risalire la grande arte del pensare greca all’ambiente che si crea attorno al santuario di Apollo-Dioniso, a Delfi. Là una sacerdotessa, più o meno rapita dai fumi sulfurei di una sorgente sotterranea, ovvero capace di aprirsi all’intuizione dettata dal corpo e dall’energia che armonizzano in qualche grado, emetteva sentenze che guidavano, accennando, il destino di uomini, eroi e, persino, nazioni. Il contrasto tra immaginazione e ragione, tra soggettivo e obbiettivo, e, in definitiva tra mente e corpo, sarà il frutto di un impoverimento, del tutto filosofico, operato dai grandi giganti, potenti, ma impacciati, che orienteranno il corso del pensiero, in particolare occidentale, verso la straziante prepotenza della scienza, o, meglio, del suo prodotto più scadente: lo scientismo, cioè l’idealizzazione della scienza come unico strumento di conoscenza.

Allo stesso modo della Pizia, ma con strumenti diversi, ci accostiamo all’unico superstite, quello della corte Zhou3, di una serie di testi oracolari prodotti da una cultura sciamanica non estranea a nozioni estremamente raffinate: matematiche e astronomiche, chimiche e agrarie, mediche e spirituali. Gli autori usando un linguaggio fortemente poetico e meravigliosamente ambiguo, ci prendono per mano, se sappiamo lasciare che ciò avvenga, e ci conducono lungo i sentieri del fato.

Un esagramma, quindi, è il frutto di un calcolo, eseguito seguendo un sistema binario, lo stesso dei calcolatori elettronici. Esso dà come esito una serie di immagini archetipiche, il cui numero corrisponde, tra l’altro, al numero di combinazioni possibili degli aminoacidi che formano il DNA. Tali combinazioni o sequenze sono, in tutto, sessantaquattro. Al contempo, però, l’esagramma viene evocato, o anche ad-vocato, dall’energia del consultante che imprime una sua personalissima impronta al cadere delle cose. Egli ha già indirizzato la sua attenzione alla necessità che lo spinge a far emergere una questione, una domanda. La risposta a tale domanda, da parte del Libro, non avrà la caratteristica di una previsione azzardata, ma, piuttosto, risulterà un consiglio su come agire seguendo la Via, il Dao, del Cielo, della Terra, dell’Uomo e dell’unità intrinseca dei tre.

Ciò che risulterà fondamentale, al fine di usare al meglio il nostro Libro, sarà creare una connessione tra chi consulta e il testo, derivata da una presenza del tutto identica alle diverse forme e stati che chiamiamo meditazione. Prendersi, poi, il tempo opportuno a creare un interiore spazio sacro e, se possibile e necessario, anche uno spazio esteriore, un setting, che agevoli la concentrazione. Occorre seguire un procedimento, che ognuno sceglie secondo ciò che sente, per calcolare l’esagramma, seguire un metodo di consultazione ordinato e articolato, ma chiaro e semplice, e, infine, soprattutto per coloro che non siano cinesi madrelingua, avere a disposizione una buona traduzione, meglio, diverse buone traduzioni.

Una volta che tutte queste condizioni siano soddisfatte, ecco che emergerà l’esagramma e la sua energia potrà guidare la nostra pratica.

L’energia di ogni esagramma è espressa da un’immagine.

Tale immagine viene rappresentata attraverso un carattere della lingua cinese, che ne rappresenta l’idea o l’intenzione semantica. Lo Zhou Yi è, tra le altre cose, un libro di immagini simboliche, cioè di rappresentazioni simboliche di idee che non si riferiscono, in senso stretto, ad oggetti, ma sono, piuttosto, aperture verso possibilità individuali di catturare flussi energetici archetipali. Nel considerare un singolo esagramma non è sufficiente cogliere la struttura segnatamente energetica dello stesso. In qualche modo occorre coglierne il qi, attraverso la diretta decifrazione di figure rappresentate da sequenze di singole linee, digrammi, trigrammi, esagrammi. Occorre saper integrare la lettura diretta dei testi, dei simboli e delle idee rappresentate simbolicamente attraverso di essi, con una sorta di visione, l’immagine, appunto, che, contenendo un’idea, contribuisca a catturarla. Dal punto di vista energetico possiamo definire immaginazione, cioè quell’azione, soggettivamente differente, che un’immagine compie, ovvero la descrizione di una immagine in azione rispetto a una percezione corporea che l’accompagni, come il rapporto armonico appunto tra fantasia e percezione, in quanto funzioni animiche. Quando, cioè, una fantasia, una visione priva di corpo, si incontra con una sensazione pregna di un sostrato corporeo, allora si accede all’immaginazione avendo “visto” un’immagine. Questa concezione dell’immagine, cioè concretamente le forme, dell’immaginario, cioè il luogo della coscienza dove avviene l’incontro tra soggettivo e oggettivo, e dell’immaginazione, cioè il risultato energetico-psichico di tale incontro, rappresenta uno sviluppo, sul piano segnatamente energetico, del discorso junghiano circa l’immaginazione attiva. Per chi avesse, invece, maggiore dimestichezza con il linguaggio dell’energetica tradizionale cinese potremmo dire che gli Hune i Po si incontrano, dando vita a qualcosa che sta sul piano del Ling. Ecco, dunque, l’importanza di descrivere l’immagine di ogni esagramma lasciandoci catturare dall’elemento estetico-intuitivo per poter accedere allo Yijing e, quindi, essere guidati dalle immagini in un gioco sottile di possesso-possessione, di apertura e definizione, il solo che apre all’intuizione.

Tradizionalmente, o più precisamente, in molte traduzioni in lingue occidentali, ogni esagramma, viene presentato mettendo in evidenza due nuclei testuali che nell’edizione di Wilhelm sono dette Sentenza e Immagine, nella traduzione di Eranos, invece, sono chiamate Immagine dell’esagramma e Percorsi di saggezza, nella traduzione di Javary e Faure Giudizio e Grande Immagine. Queste due parti rappresentano le prime quattro Ali dell’Edizione del Palazzo, pubblicata dall’Imperatore Kang Xi nel 1715. Tale edizione rappresenta, ancora, il testo di riferimento per molte delle versioni moderne.

Avendo preferito un riferimento più stretto alla tradizione cinese arcaica, offriamo la traduzione e il commento del nucleo originario dello Zhou yi, rappresentato dall’opera del re Wen(ZhouWen Wang, nome postumo di Ji Chang, duca dei Zhou) e delle Linee scritte da suo figlio, anch’egli duca dei Zhou (Zhou Gong Dan, fratello e tutore del fondatore della dinastia Zhou (XI sec. a.C.), re Wu). Inoltre presentiamo la traduzione e un commento di un nucleo testuale più recente (dinastia HanII sec. a.C) chiamato Xiang.

Il Tuan Zhuan, dove il carattere Tuandecidere, giudicare, si unisce al carattere zhuan che significa commentario di un Classico, si riferisceal nucleo oracolare più antico e al testo delle Linee mutanti.

L’altra, che chiameremo Xiang Forma, Immagine, Simbolo, rappresenta, insieme alla Parafrasi delle Linee mutanti, la III e la IV Ala, e tratta dei trigrammi che costituiscono l’esagramma, della loro reciproca posizione e di un comportamento esemplare da tenere nella situazione, opportuno, per chi interroga il Libro. Abbiamo preferito lasciare i termini cinesi dal momento che poco ci soddisfacevano le precedenti traduzioni. Ciò che preme sottolineare è che la I e la II Ala servono a inquadrare la situazione da un punto di vista più legato alla definizione della situazione generale che l’esagramma calcolato, o evocato, lascia emergere. La III e la IV, invece, si rivolgono ad un aspetto maggiormente legato alle funzioni immaginifiche della mente, quelle che permettono di intuire il legame tra visibile e invisibile, tra grossolano e sottile, modelli che disvelano il senso recondito dell’apparente.

Nella maggior parte dei casi, il testo si rivolge a colui che viene detto Jun zi, il maestro interiore, o, il discepolo della saggezza, come traduce l’edizione di Eranos.

Nella traduzione di Eranos, jun zi viene definito come: “una persona che cerca di ordinare la propria vita in armonia con il dao”, conformandosi al proprio destino intrinseco piuttosto che ai desideri dell’io falso, e che si serve del libro in questo senso. Il comportamento, opportuno, suggerito dall’esagramma, dovrebbe rappresentare il modello operativo e l’atteggiamento per il jun zi. Egli, presente, come parte della complessità energetico-psichica, in ogni individuo, inteso come personalità complessa strutturata secondo livelli energetici differenti, ma in continua comunicazione tra loro così come con l’esterno, può fare riferimento e ispirarsi al testo e alle immagini del Libro, per stabilire i suoi comportamenti e accogliere un consiglio riguardo all’agire.

Questo aspetto necessita di una attenzione particolare. Risulta evidente, ma troppo spesso non scontato, che avvicinarsi al Libro presuppone l’intenzione di seguire la Via. Colui che interroghi, cioè crei un legame tra sé e il mondo spirituale a cui il testo “accenna”, in senso eracliteo (“Il Dio a cui appartiene quell’oracolo che sta a Delfi, non dice né nasconde, ma accenna” Eraclito, fr. 93, DK) spinto da intenzioni disarmoniche, non potrà che essere confuso e allontanato dal recinto sacro che si crea accostandosi alla sapienza oracolare. L’interrogante dovrebbe avere chiaro che la Via agisce, sempre, seguendo le quattro caratteristiche che la fondano: yuan, ciò che è originario e originale,li, ciò che è armonico, heng, ciò che è fluido e scorrevole,zhen, ciò che è “normale”, cioè ciò che segue la norma stabilita dal Cielo. Le vedremo con maggiore dettaglio più avanti.

Nel testo compaiono altre figure che simbolizzano il personaggio, o l’aspetto della personalità, a cui l’esagramma, per così dire, si rivolge. Precisamente esse sono:

  1. esagrammi 8,16, 20, 21, 24, 25 e 59 xian wang,re dell’antichità. Questi sono i governanti di una mitica età dell’oro in cui il potere umano era in armonia con il Cielo, modello ideale per il jun zi. Qui si fa riferimento a quella parte della personalità che potremmo definire in contatto con il senso profondo di sé, il Sé.
  2. esagrammi 11 e 44 hou, erede al trono, la cui autorità è pari a quella del sovrano. Qui si fa riferimento a quell’aspetto dell’anima che, pur avendo in sé il senso dell’unione alchemica tra maschile e femminile, deve ancora maturare l’esperienza di tale unio mystica. Possiamo pensare al livello psichico dell’Identificazione, quando la coscienza esprime la relazione tra la coscienza di sé e dell’altro da sé, come stato di consapevolezza contemporanea della propria soggettività e oggettività, in sé, in quanto soggetto e, appunto contemporaneamente, nell’altro, in quanto oggetto. Tale stat, però, non significa ancora la realizzazione dell’unione totale nell’identità tra Io e Mondo, o ancora tra Io e Dio, luogo del Riconoscimento di sé, nel Sé Pratyabhijña.
  3. esagramma 23 shang, ciò che sta in alto, sopra, quei valori che rappresentano gli ideali positivi, i principi che muovono l’individuo all’individuazione e, alla fine, al Riconoscimentodi sé, nel Sé.
  4. esagramma 30 da ren, il grande uomo o, meglio, il grande nella personalità, cioè tutte le spinte che possono orientare l’individuo verso un obiettivo o un fine eminente, soprattutto dal punto di vista della propria virtù, de. Questo concetto è talmente fondamentale nella cultura cinese che il titolo di una delle opere principali del pensiero taoista lo contiene, appunto il Dao de jing, Il Classico della via della virtù, o, Il Classico della virtù della via, o, Il Classico della via e della virtù. Il fatto che questo termine sia accostato al Dao, ne significa l’importanza fondamentale. De significa potere, facoltà, virtù. Deè ciò che il cielo ha donato all’uomo, mentre qi è il dono della terra. Allora l’unione di de e qi formano ren, l’uomo, l’individuo, la personalità. Ecco, allora, il senso di da ren.

Nel testo questi personaggi vengono presentati come coloro che yi usare, servirsi di, utilizzare, rendere operativo, per mezzo di, per via di, a causa di, qualcosa sia esso un concetto o un’azione rivolta a un fine. Questo carattere indica il termine più generale per significare l’uso di qualcosa al fine di ottenere un determinato scopo. Quindi, ogni termine, di volta in volta, indicherà la parte della complessità personale del singolo individuo che, impiegando un determinato strumento, in genere relazionale, potrà ottenere il risultato opportuno, in quel momento della propria esistenza.

Nel testo, poi, come in ogni opera di letteratura arcaica e epica, sono presenti alcune dizioni formulari e modi dire che appartengono al linguaggio specifico sia dell’opera sia dell’ambiente culturale in cui essa è pensata.

Ci soffermeremo su due aspetti fondamentali per aiutare il lettore, che usa lo Yijing, a cogliere il senso dell’indicazione energetica che il calcolo di un esagramma intende.

In primo luogo le negazioni. Esse sono molto frequenti nel testo e il modo in cui si leggono è decisivo come qualsiasi tradizione oracolare4 .

Bu non, negazione semplice senza particolare enfasi.
Fei per nulla, in nessun modo, è una negazione piena di enfasi, come la cassa che è rappresentata dall’ideogramma, piena di contrarietà.
fei nessuno, la più forte delle negazioni semplici.
Wu per niente, il semplice termine privativo.
wu senza, più forte del precedente.
wu mancare, opposto di you che significa possedere.
wang vuoto, lacuna, l’ideogramma rappresenta una rete e il concetto di perdita. Quindi si indicano gli spazi vuoti in una rete attraverso i quali si perde il pescato.
fu nulla, da nessuna parte, indica la non esistenza di cose o luoghi.
mo assolutamente nulla o nessuno, indica completa eliminazione.
wei non ancora, negazione temporale che indica che una cosa non si è ancora realizzata.

1 E’ fondamentale sottolineare la differenza tra “leggere” e “interpretare” un testo (così come una sogno). Mentre l’interpretazione tenta di imbrigliare il senso in un significato, strutturando il suo darsi come una via stretta verso un preciso senso espresso, la lettura si muove con una libertà affatto opposta. La lettura consiste nel cogliere l’occasione di aprire il significato al senso molteplice che ne può, potenzialmente, scaturire. Tale occasione varierà secondo tempi, modi e contesti liberi naturalmente di mutare. Se l’interpretazione scolpisce, la lettura accenna, come il Dio che abita a Delfi.

2 La chiarezza è una consapevolezza priva di offuscamenti: Avidya, Raga e Dveśa, Assenza di Visione, Attaccamento/Passione, Repulsione/Dualità.

3 La dinastia Zhou (1046 a.C.- 221 a.C. tenendo conto della divisione tra Zhou Occidentali, fino al 771a.C. e Zhou Orientali, dal 771 a.C. al 221 a.C.), succedette alla dinastia Shang (1600 a.C.- 1046 a.C.). Lo Yijing narra e accenna in numerosi tratti alla storia di questa successione. Vd Yijing, trad. in fr. di C. Javary e P. Faure, Parigi, 2002)

4 Si ricordi, ad esempio, la famosa frase attribuita alla Sibilla Cumana : “Ibis redibis non morieris in bello” dove, in quel caso, la posizione di una virgola cambia radicalmente il destino predetto

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